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River para siempre: nella finale di Madrid i Millionarios conquistano la Copa Libertadores

by Redazione Sport Team Calabria

 

Dopo un mese di follia, di paura e di caos, alla fine a festeggiare è il River Plate, battendo il Boca per 3-1 al termine dei supplementari, epilogo emozionale perfetto di un match intriso di nervosismo e tensione. Il River è campeón, campeón in rimonta, campeón di sovversione, capace di ribaltare l’iniziale gerarchia di punteggio imposta da Benedetto allo sgocciolare della prima frazione di gara, grazie alle splendidi reti di Juan Quintero e Gonzalo Martinez, nella fase chiave della serata. L’ansia è stata la principale protagonista della prima frazione di gara.
I molti errori tecnici che hanno caratterizzato i primi 40 minuti hanno lasciato spazio all’intensità e all’agonismo, ma anche a ben poche occasioni degne di questo nome. La luce, sul Bernabeu, è calata al 44’, grazie al contropiede innescato da Nandez e concretizzato da Benedetto, per il vantaggio del Boca Juniors. Nella ripresa, la reazione rabbiosa del River, che la riprende al 66’ con l’ex-Genoa Pratto, dopo un rigore clamorosamente negato in seguito ad intervento scomposto del portiere xeneize Andrada.

La fase di stallo si è protratta fino ai supplementari, dove è scoppiato lo spettacolo che tutti stavano attendendo da un mese. L’episodio chiave è l’espulsione per doppia ammonizione del centrocampista boquense William Barrios, che ha lasciato i suoi in inferiorità numerica nella fase critica del match. Da lì in poi, il River ha dilagato, e il Boca, messo alle strette, ha reagito come ha potuto. Al 109’, Juan Quintero, ex-Pescara, si è inventato un capolavoro balistico dal limite dell’area, di sinistro, che ha di fatto chiuso i conti della finale, ammazzando le speranze xeneizes.

Gli ultimi dieci minuti del match sono stati di ordinaria follia: il quasi autogol del River con Maidana, il Boca che rimane in 9 in seguito all’infortunio di Gago, il pari clamorosamente sfiorato col palo di Jara al 118’, l’ultimo angolo della disperazione, per Tevez e compagni, che ha dato il via all’ultimo, finale definitivo contropiede del River, con El Pity Martinez che, a porta sguarnita, insacca la rete per il definitivo 3-1, (5-3 in aggregato). E il River diventa campione, alza la sua quarta Libertadores, si “vendica” dell’onta della retrocessione del 2011, mentre il “Muneco” Gallardo diventa il tecnico più vincente della storia del club.
Sarebbe facile utilizzare toni epici per descrivere questa surreale finale di Copa Libertadores, la sorella sudamericana della Champions League, giocata però “fuori sede”, al Santiago Bernabeu di Madrid, tanto che qualcuno, più o meno ironicamente, l’ha rinominata Copa Conquistadores. Sarebbe facile, e facile lo è stato, per molti, per tutti, per troppo tempo. L’hype generato nei confronti di questa doppia finale tutta in salsa argentina, o per meglio dire bonarense, che ha visto contrapposti due dei club che – per storia, passione, epica, leggenda – sono stati e saranno, per sempre, affissi nell’immaginario collettivo di tutti gli appassionati di futbol, a tutte le latitudini, ha finito per distruggere la magia e l’importanza, rovinare uno dei momenti più emozionali della storia del calcio moderno.

Molti mezzi d’informazione, argentini e internazionali, l’avevano definita “la partita del secolo”, o addirittura l’evento più importante del paese degli ultimi anni. Boca – River non è solo calcio, e su questo siamo tutti d’accordo. Ci sono fattori storici, sociali e territoriali che coinvolgono la storia delle tifoserie delle due squadre e che quindi trascendono l’aspetto prettamente sportivo e competitivo. Dal punto di vista europeo/occidentale, e quindi dal nostro punto di vista, qualcuno ha storto il naso, ha fatto fatica a capire il contesto. L’Argentina, in questo momento, è un paese che non se la passa tanto bene: un terzo degli argentini vive nella povertà, la rabbia e il senso di ingiustizia covano trasversalmente tra gli interstizi sociali della popolazione, mentre il governo politico di Macrì non riesce a farsi prendere seriamente. Sovraccaricare mediaticamente un evento che, di per sé, non ha bisogno di ulteriori epiteti dalle risonanze epico-battagliere per essere sponsorizzato e pubblicizzato, ha probabilmente fatto perdere la bussola a molti, non ultimi quei tifosi argentini che hanno innescato la sassaiola ai danni del pullman del Boca, provocando peraltro dei feriti, lo scorso 24 novembre.
Ma non è tutto. L’incapacità di gestire un evento di tale portata – e caricato, in maniera eccessiva, da chiunque – non si è manifestata solo sul piano della messa in sicurezza (sempre nell’ormai celebre 24 novembre, le forze dell’ordine, oltre a non essere riuscite a prevenire il lancio di sassi, hanno provocato ancora più danni gettando gas lacrimogeni, innescando vere e proprie scene di guerriglia urbana). L’incapacità si è rivelata ma anche nelle falle tecniche organizzative da parte della Conmmebol e dei due club coinvolti. Lo scorso 11 novembre, una pioggia torrenziale si abbatteva violentemente sulla Bombonera. Per un evento di tale portata, ci si aspetterebbe che il leggendario stadio di La Boca sia per lo meno attrezzato nel fare fronte alle intemperie, anche quelle più dure. Invece, non è stato così. Il campo era un vero e proprio lago, e nonostante questo il fischio d’inizio è rimasto in sospeso per diverse ore. Ore di attesa, di incertezza, ore in cui si è rimandato il momento fatidico fino a sospenderlo del tutto. Ci si sono messi pure gli agenti atmosferici, è vero, ma già quel pomeriggio si era intuito che il caos sarebbe stato un elemento caratterizzante della doppia sfida che stava per innescarsi.

Il 24 novembre, dopo l’aggressione dei tifosi del River ai danni del pullman della squadra del Boca, il copione si è ripetuto. Tutto è rimasto in un limbo, sospeso per ore e ore: si gioca, non si gioca, si gioca domani, non si gioca più domani, si aspetta le 21:00 e poi si vede come andrà, tutto con fare quasi dilettantistico. La decisione presa definitivamente, quella di giocarla circa due settimane dopo a più di 10.000 km di distanza, è stata una decisione triste, e non solo per i tifosi argentini rimasti a casa con un pugno di niente in mano. L’Argentina tutta ne esce sconfitta, e probabilmente non poteva essere altrimenti. Per quanto riguarda il calcio, il calcio vero, quello fatto di passione ed emozione: quello guarirà tutto.
Fra poco ci dimenticheremo, probabilmente, del senso di caos che è scaturito da questa vicenda. Il diluvio universale sulla Bombonera, la finale di Madrid, il gol di Quintero, la Copa Libertadores alzata nel paese dei Conquistadores, il River eterno campione: tutto sarà di nuovo epica. Tutto sarà, semplicemente, Boca – River.

 

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