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Come amare il Crotone in tempi di crisi

by Redazione Sport Team Calabria

Riceviamo e pubblichiamo.

“Era un pomeriggio piovoso, ma la primavera si insinuava calda e dolce nell’atmosfera impregnata di salsedine del porto. Al Ferraris di Genova, a fine aprile, la Sampdoria padrone di casa affrontava la matricola Crotone nella 33esima giornata della Serie A 2016/2017. La compagine calabrese aveva appena segnato il gol della rimonta con Nwankwo Simy, assistito superbamente da un Diego Falcinelli in stato di grazia. Quella che scendeva dal cielo grigio non era solo pioggia, ma pura estasi, gioia cristallina. Mai come quel pomeriggio tornai a casa colmo di gratitudine dopo una partita di calcio.
Era il tempo della meraviglia, dell’estasi. Ero andato allo stadio con mio padre, come d’altronde sempre era accaduto in quella storica, prima stagione di Serie A dei pitagorici. Era la nostra ultima partita vista dal vivo, per quella stagione. Da Modena (aprile 2016) a Genova (aprile 2017), si era chiuso un cerchio inebriante. Eravamo ubriachi di Crotone. Non ci importava come sarebbe finita, anche se a quel punto ci credevamo fortemente, come tutti.
La gioia e la speranza: concetti che si facevano materia, che si toccavano con le punta delle dita. La soddisfazione era elevata all’ennesima potenza, perché l’esordio del Crotone nella massima categoria era stato dei più duri. Come tifosi, si veniva da mesi splendidi e maledettamente complessi allo stesso tempo. Il Kroton, in Serie A, aveva incontrato molte più difficoltà di quanto ci si era aspettato. Eppure, il contesto continuava a rimanere superbo ed esclusivo. Era un paradosso. A quei pomeriggi magici dove si salivano i piloni di San Siro fino al terzo anello, con una Milano luccicante sullo sfondo, succedevano serate sconfortanti, passate a tenere d’occhio una classifica che vedeva la permanenza dei pitagorici in massima serie sempre più compromessa. Il resto è storia. Era il tempo della gioia, della meraviglia, dell’estasi. Erano situazioni, momenti, volti e condivisioni che ci si porterà dietro per tutta la vita, ed è stato un lusso che pochi hanno avuto – e avranno – l’onore di vivere. Ma adesso le cose sono cambiate. Perché il tempo avanza, si mangia tutto, e il passato diventa storia, ricordo, lacrima di emozione.

Adesso, è arrivato il tempo della pazienza. Lunedì sera, allo Scida, nel posticipo della tredicesima giornata di Serie B 2018/2019, il Crotone ha probabilmente toccato il punto più basso del suo ciclo sportivo da tre stagioni a questa parte. Paradossalmente, la sconfitta col Cosenza è stata facile da interiorizzare, perché ha sfondato un portone aperto già da tempo. Aggiungendo, tuttavia, una nuova consapevolezza: il Crotone come siamo stati abituati a pensarlo negli ultimi anni, non esiste più. Non qui, non ora.
E’ arrivato il tempo della pazienza e anche quello della riflessione. E’ necessario, d’ora in poi, che Oddo e il suo staff tecnico lavorino liberi da pressioni, scevri da vincoli e obiettivi. E’ necessario, ora come non mai, concedergli i tempi e gli spazi per valutare, sperimentare, azzardare, rischiare, capire. Gran parte del lavoro andrà svolto sulla testa dei giocatori, ma non è tutto. Ci sono delle falle tecniche da identificare, e da colmare con i mezzi di cui si dispone. Dopodiché la palla passerà a Vrenna, Ursino e al resto della società: i problemi tecnici del Crotone sono riconoscibili alla luce del sole, e probabilmente non si può pensare di continuare così fino a giugno, specialmente se qualche giocatore, non propriamente affamato di calcio, rappresenta per giunta una voce di costo particolarmente pesante sul monte stipendi del club pitagorico.
Gli obiettivi fissati ad inizio stagione non dovrebbero semplicemente ricalibrarsi, ma annullarsi. Affrontare, giornata dopo giornata, il campionato liberi da target a lungo termine, oltre che una “liberazione” da un punto di vista psicologico nelle teste dei giocatori (e dei tifosi), rappresenterebbe probabilmente un più appropriato “modus operandi” di questo delicato momento della stagione. Buona parte del campionato cadetto è stato messo agli archivi, i dodici punti raccolti sono un magro bottino che tuttavia, adesso come adesso, va necessariamente considerato come la base da cui partire per assestarsi in classifica da qui a fine febbraio/inizio marzo. Da marzo/aprile in poi, si cominceranno a tirare le prime conclusioni, e si potrà capire se effettivamente questa sarà una squadra che dovrà lottare per salvarsi anche nell’attuale Serie B, oppure se tutto quanto accaduto finora è stato solo un brusco impatto nella realtà della cadetteria, e si vedranno margini di miglioramento.

L’unica cosa certa, per ora, è che il Crotone visto lottare come uno squalo per conquistare la permanenza in massima serie o, a maggior ragione, quello visto cavalcare furiosamente i campi della B nella stagione della promozione, non esiste più. E non è solo una questione di nomi, siano essi di giocatori o allenatori.
Tifoseria, squadra e società dovrebbero responsabilizzarsi, identificare gli errori – leciti – che sono stati commessi durante il percorso tortuoso che ha portato dalla retrocessione dalla Serie A all’inizio del campionato di B e provare a rimettersi in gioco di conseguenza. Un aspetto appare lampante, su tutti: il Crotone sembra aver perso la sua identità. C’è stata una inevitabile transizione: da ciò che il Crotone era prima di salire in Serie A, a ciò che è diventato dopo. Il percorso di crescita è stato bruscamente deviato con la retrocessione e la riorganizzazione si sta rivelando più difficile del previsto. Ma ci vuole pazienza perché, prima con Stroppa e ora con Oddo, la società pitagorica ha dimostrato di voler seguire una strada tecnica che richiede tempo; una transizione ad un sistema più fluido e qualitativo che tuttavia necessita anche dei giusti interpreti per essere innescato. E in questo momento, alcuni di questi interpreti latitano, nel senso che non sono proprio presenti in rosa. La carenza tecnica di cui si è accennato prima, sta tutta qui. La nuova identità che il Crotone vuole conquistare – e che ha tutto il diritto di voler raggiungere, in quanto rappresentante di un territorio prezioso – è ambiziosa e affascinante, e va compresa, ma le tempistiche vanno riconsiderate. Prima che sia davvero troppo tardi.”

Giuseppe Platania

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